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Maam, il museo Olivetti a Ivrea: qui la bellezza rende migliori

In Piemonte si contano sulle dita di una mano i siti che hanno ricevuto la denominazione di patrimonio Unesco, ovvero quei luoghi sulla Terra che sono di “eccezionale valore universale”: Viaggiapiccoli è andato alla scoperta del Maam, il Museo di Olivetti a Ivrea, un  museo a cielo aperto che si snoda tra le strutture avveniristiche e innovative volute da Adriano Olivetti.

 Maam: sito Unesco

Inaugurato nel 2001, questo museo virtuale ha ottenuto il riconoscimento dall’Unesco soltanto nel 2018: “Ivrea, città industriale del XX secolo” . La sua particolarità risiede nel fatto che gli oggetti della collezione del museo non sono appesi alle pareti come quadri in un museo tradizionale, ma sono edifici, abitati e distribuiti sul territorio cittadino.



La nostra visita al Museo Olivetti a Ivrea

Abbiamo incontrato la nostra guida Barbara di Theatrum Sabaudie in una fresca ma limpida domenica di gennaio davanti al Visitor center del sito Unesco, all’interno del quale si trovano installazioni e materiale fotografico della storia degli edifici, alcuni plastici e cartelloni con un po’ di storia della famiglia Olivetti, che ci anticipano il percorso che andremo a percorrere a piedi.

Un percorso di 2 chilometri lungo via Jervis

Un percorso di 2 km che si snoda sull’asse di via Jervis, dove una volta vi era aperta campagna, e nelle aree contigue, toccando tutti i centri nevralgici del mondo olivettiano. Noi abbiamo scelto la visita guidata per farci raccontare il più possibile su quell’epoca d’oro che vide trasformarsi Ivrea e la portò all’attenzione mondiale, ma il tour è sempre fruibile, visitabile autonomamente, grazie ai diversi pannelli dislocati lungo le sette stazioni informative che illustrano l’impegno della Olivetti nel campo dell’architettura, dell’urbanistica, del disegno industriale e della grafica pubblicitaria e i contesti culturali in cui queste vicende si collocarono.

Nel museo di Olivetti, la Natura entra in fabbrica

L’idea chiave di Adriano Olivetti è di far entrare la natura nella fabbrica: da qui gli alti finestroni, le superfici riflettenti, il complesso residenziale ovest costruito “dentro” la collina. La storia della trasformazione di questa parte di territorio canavese comincia dalla metà degli anni Trenta e prosegue per i successivi quarant’anni. Adriano chiama giovani architetti a realizzare ciò che ha in mente e il risultato è sorprendente: la sua idea fondante di concepire la fabbrica, il luogo della produzione, in modo integrato con la comunità sociale e con il suo territorio, ha dato vita ad alcuni dei più interessanti esempi di architettura industriale, di servizio e residenziale del ‘900.

Dalle costruzioni degli architetti Figini e Pollini (stabilimento Olivetti, asilo nido, casa a 24 alloggi e servizi sociali), alla mensa firmata dell’architetto Ignazio Gardella, alle case degli architetti Nizzoli e Oliveri, alle opere dell’architetto Eduardo Vittoria (tra cui il Centro studi ed esperienze del 1955) e i progetti degli architetti Gabetti e Isola, tra cui il «crescent» interrato della Unità residenziale ovest, fino agli edifici più recenti, come il Palazzo Uffici 2 dell’architetto Gino Valle.

Strutture uniche al mondo che catapultano il visitatore in un passato futuristico. Abbiamo camminato tutti, bambini compresi, con il naso all’insù (o all’ingiù nel caso di Talponia) accompagnati dalla voce della guida che ci ha raccontato il miracolo olivettiano, la difficoltà di essere compreso per le sue posizioni considerate “troppo moderne”, la sua prematura scomparsa e l’incapacità dei suoi collaboratori di proseguire nell’operato.

Ciò che più ci ha colpito, oltre alle enorme vetrate dei luoghi di lavoro che permettevano alla luce di entrare e al paesaggio di tener compagnia ai lavoratori durante i loro  turni, sono le strutture pensate per le pause e il relax, oltre alla fitta rete di assistenza prevista per i bambini e le donne lavoratrici.

Due visite al museo OLivetti: una di 2 e una di 3 ore

Noi abbiamo fatto la visita di due ore all’esterno. Se si vogliono visitare gli interni c’è una visita guidata di tre ore.

Il nostro percorso ( più breve e più adatto ai bambini) è partito dalla fabbrica di mattoni rossi (1896) dove tutto ebbe inizio grazie a Camillo Olivetti prosegue lungo i 4 ampliamenti avvenuti tra il 1939 e il 1957 per volontà di Adriano, attraversando la mensa (situata su una zona verde ai piedi della collina poiché l’Azienda riteneva importante che i dipendenti, oltre ad avere un buon pasto, potessero anche distrarre la vista e la mente, ritrovandosi immersi nella natura e, perché no, sfruttare la pausa pranzo leggendo un buon libro preso dalla fornitissima biblioteca messa a disposizione), i luoghi dell’assistenza sociale, l’asilo nido (nel quale si vuole creare un ambiente aperto e stimolante: “scopo dell’educazione non è di somministrare nozioni, ma piuttosto di offrire ai bambini la possibilità di un armonico sviluppo fisico, intellettuale ed emotivo in un ambiente tollerante e favorevole, cioè ricco di stimoli adeguati) e giungere, infine, all’unità residenziale ovest comunemente chiamata Talponia.

Quest’ultima è una realtà architettonica particolare, al limite dell’utopia. Scavata sotto terra, realizzata con materiali contemporanei e mimetizzata con l’ambiente circostante, corrisponde a uno dei punti di arrivo dell’architettura ispirata da Olivetti.

Il complesso a forma di mezzaluna, distribuito su due piani, è composto da 13 alloggi di 120 metri quadri disposti su due livelli e 72 alloggi ad un solo livello di 80 metri quadri, serviti da una strada coperta interamente percorribile, individuabile dall’esterno dal posizionamento delle cupole in plexiglass. L’effetto sorpresa è garantito poiché lungo la strada di antichi vigneti che conduce al tetto di Talponia non è minimamente visibile alcuna costruzione: solo giunti in cima a questa vasta terrazza sulla quale un tempo giocavano i bambini eporediesi (e che oggi avrebbe bisogno di una buona manutenzione), nell’affacciarsi sul prato circostante ci si accorge di questo strabiliante complesso di case interrato nella collina. Tutt’oggi quasi tutti gli appartamenti sono abitati e, ci spiega Barbara, a dispetto di quanto potrebbe sembrare sono ampi e luminosi, oltre ad avere la possibilità di fruire dell’ampio parco prospiciente.

Olivetti citazione

Le due ore di passeggiata si sono concluse così, con  lo stupore negli occhi e la voglia di approfondire tutto ciò che ci è stato raccontato.

Avremmo voluto visitare anche il Museo Tecnologicamente, museo improntato non solo alla conservazione, ma anche e soprattutto all’azione, con laboratori didattici, mostre temporanee, laboratori e progetti artistici per rendere fruibili da tutti le grandi innovazioni tecniche, ma questa volta non ci siamo riusciti. Non appena apriranno le visite all’interno delle strutture torneremo per conoscere meglio lo spirito visionario di Adriano Olivetti.

 

Io voglio per noi una fabbrica piena di luce e di bellezza, perché la bellezza rende migliori. La bellezza è equilibrio. La bellezza è rapporto con la Terra e con la Natura. E voglio una fabbrica che produca anche cultura, perché la cultura ci rende liberi. E voglio orari di lavoro corti, che diano il tempo di acculturarsi, di leggere, di accrescerci spiritualmente. E voglio che le donne in maternità abbiano un anno intero di congedo. E voglio servizi sanitari per i nostri operai che siano all’avanguardia e la possibilità per loro di accedere all’espressione migliore di tutte le arti: penso alla cinematografia per esempio. Io voglio che la Olivetti non sia solo una fabbrica, ma un modello, uno stile di vita, voglio che produca libertà e bellezza perché saranno loro, libertà e bellezza a dirci come essere felici.

Adriano Olivetti

 

Elena Marcon
Elena Marcon
Elena Marcon, amante del buon cibo e del buon vino. Mamma di Arturo e organizzatrice seriale di gite in Piemonte e viaggi in tutto il mondo
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