Nel cuore del centro storico di Napoli c’è un luogo magico. Arrivate in via San Biagio dei Librai entrate nel cortile di un palazzo. State attenti, perchè, è , un po’ nascosto, guardate sulla sinistra, dopo le scale e lo trovate. È l’ospedale delle bambole.
Un vero e proprio laboratorio, con reparti e lettini e un primario esperto in orecchie staccate e pancini sfilati.
L’ospedale delle bambole e la mia Gigia
Quando ero piccola avevo una bambola, si chiamava Gigia, me l’aveva regalata il mio nonno preferito, che si chiamava Gigi (guarda caso!). Da quando sono nata ho sempre dormito con lei. Eravamo inseparabili, la portavo anche con me all’asilo, anche quando nevicava.
Era una bambola degli anni ’70 con gli occhi che si aprivano e chiudevano. La tenevo sempre con me e le avevo fatto un segno sulla guancia perché di notte la mordevo. Quando avevo 4 anni Gigia si ammalò: perse la vista. I suoi occhi azzurri si bloccarono. Ero disperata. Mia mamma allora mi abbracciò e mi disse: “Non ti preoccupare, Gigia guarirà, la porteremo da un dottore bravissimo, il dottore delle bambole”.
Vivevamo a Bergamo e c’era un pronto soccorso per le bambole: Gigia tornò a casa dopo qualche giorno ed era guarita davvero. Il medico le aveva ridato la vista. Per me era un primario di fama mondiale, un santo.
L’ospedale delle bambole a Napoli
Non ho idea di dove mia mamma avesse portato Gigia, ma nella mia vita di bimba rimase una certezza: “C’è un posto dove i miei giochi possono essere aggiustati”.
Quando ho scoperto che a Napoli esiste il più antico ospedale delle bambole d’Italia, e che è ancora in funzione, non ci potevo credere.
E poi dicono che la sanità in Italia non funziona!
Così ho portato Enrico e Giulia all’ospedale delle bambole.
Ma davvero a Napoli esiste un’ospedale delle bambole?
Prima di andare ho telefonato e Tiziana Grassi, l’attuale primario dell’ospedale mi ha detto: “Venite e portate con voi la bambola del cuore, la visiteremo accuratamente”.
Giulia ha portato con sé Nanina, la sua bambola della notte (praticamente la sua Gigia) ed Enrico Pumlì, il dinosauro comprato al museo di Scienze Naturali di New York. Nessuna emergenza, solo una visita di controllo.
Abbiamo attraversato il centro storico (già pieno di turisti, non come la scorsa settimana quando abbiamo fatto la nostra passeggiata a San Gregorio Armeno) e siamo arrivati a palazzo Marigliano, in via San Biagio dei Librai.
Basta varcare la soglia del civico 39 (la nuova sede è stata inaugurata nel 2017) e sembra di fare un tuffo nel passato.
L’ospedale delle bambole: la nostra visita
Ecco il racconto della nostra visita.
Prima di entrare Enrico e Giulia indossano camici e stetoscopio. Saranno loro ad accompagnare i loro pupazzi in corsia
L’ospedale delle bambole: i reparti
All’ingresso ci sono antiche bambole, cavallucci a dondolo e il banco di lavoro di Tiziana Grassi. In un angolo, seduto comodo comodo su uno sgabello, c’è anche un grande orso bianco: è Nunzio. È appena stato dimesso. La proprietaria di Nunzio, una “bimba” di 17 anni, l’ha portato qualche giorno fa allarmata perché il suo orso aveva uno squarcio nella pancia, forse dopo una lotta furibonda. Tiziana e Alessandra Colonna (con lei in corsia da 20 anni), si sono prese cura di lui, e Nunzio è stato appena dimesso e aspetta di tornare a casa.
L’ospedale è organizzato con veri e propri reparti: oculistica, ortopedia, medicina interna, riabilitazione, terapia intensiva…. C’è un reparto per la donazione degli organi, dove chi vuole può portare pezzi di Barbie o di bambole e c’è uno speciale reparto: trucco e parrucco.
L’ospedale delle bambole e le emergenze
Perché un reparto di trucco e parrucco? “Perché – ci spiega Alessandra – uno degli interventi che viene richiesto più spesso è proprio per capelli e pellicce rovinate. All’ospedale fanno un vero e proprio trattamento ai capelli delle bambole, con tanto di messa in piega, e hanno anche una serie di toppe di pelliccia per i pupazzi pelosi. Gli altri interventi più frequenti sono quelli di oculistica (e nell’ospedale c’è una cassetta con occhi di tutte le misure, per bambole e per orsi e una scatolina solo con occhi per volpi) e di ricostruzione nasale (soprattutto per i peluches).
L’ospedale delle bambole e i ricoveri giornalieri
I ricoveri sono giornalieri. C’è chi porta personalmente le bambole e chi le spedisce. Il costo va dai cinque euro a cifre importanti per le bambole più antiche.
Nell’ospedale di Napoli ci sono preziose bambole antiche
E, a proposito di bambole antiche, nella sezione di Ortipedia c’è Rosina, bambola di fine ‘700, una bambola manichino con i capelli rossi. “La usavano i sarti – ci spiega Alessandra- quando dovevano preparare un vestito per una principessa. Lo facevano prima in miniatura per la bambola, così la principessa poteva vederlo: una specie di mini modello, un rendering. Rosina indossa un abito da sposa con perle e rubini” . E ci sono anche meccanismi delle prime bambole che potevano camminare (inizi ‘900) e una scatola con tutte le “voci” delle bambole.
L’ospedale delle bambole: un po’ di storia
C’era una volta, più o meno alla fine del 1800, Luigi Grassi, baffo arrotolato all’insù e boccolo chiamato bananina proprio al centro del capo.
Once upon a time, more or less at the end of 1800s, there was Luigi Grassi, a moustace curled upward man with a big curl called banana right in the midde of the head.
Tutto inizia per caso con Luigi, questo buffo uomo con i baffi all’insù, che per lavoro dipingeva le scenografie a teatro. Un giorno una donna passò davanti alla sua bottega, proprio a Spaccanapoli, con una bambola. “Signor Luigi, lei che ha colori e pennelli, mi aggiusta la bambola, che ha il viso rovinato?”. Luigi, che indossava un camice per non sporcarsi con la pittura, si occupò della bambola con amore e la restituì alla donna più bella di prima.
“Dottore, – disse la donna intimorita dal camicie bianco – grazie! La mia bambina sarà felicissima e le dirò che sono andata alla bottega del mago”.
Ben presto la voce si sparse e furono tante le mamme che si presentarono alla bottega del dottore Luigi per curare le bambole delle proprie bambine. In poco tempo il laboratorio si riempì di bambole smontate: c’erano gambe, occhi, braccia, che penzolavano dappertutto. Fu proprio una persona del popolo che passando di lì, nel vedere tutte quelle bambole smontate, esclamò: “Sembra proprio l’ospedale delle bambole”.
Fu da allora che Luigi Grassi, su di una tavoletta di legno con un pennello tinto di rosso, scrisse “OSPEDALE DELLE BAMBOLE”, aggiungendo una croce come quella degli ospedali veri, e l’appese all’esterno della bottega.
Luigi tramandò il suo lavoro al figlio, Michele, Michele al figlio Luigi e Luigi a Tiziana.
I progetti futuri dell’ospedale delle Bambole di Napoli
Noi abbiamo fatto una visita guidata, Nanina e Pumlì sono stati ricoverati e a fine giro sono stati dimessi con la loro diagnosi: Pumlì soffre di insonnia, Nanina invece deve fare un po’ di moto e non stare sempre a letto.
Mentre stavamo ritirando i nostri certificati è arrivata una famiglia inglese con una bimba. Enrico e Giulia si sono offerti di fare da guida, e ad un certo punto abbiamo trovato i tre bambini seduti per terra che giocavano con siringhe e pupazzi: “Ecco, i bambini non si accontentano di vedere e questo non è un museo, almeno non solo, è un vero ospedale. Stiamo attrezzando l’ultima stanza per lasciare ai bambini uno spazio dove giocare. Nessun laboratorio, niente di impegnativo, solo lettini, cerotti e siringhe per giocare al dottore”.
Perchè un ospedale delle bambole. La difficile scelta tra aggiustare o buttare
Ovviamente ho chiesto a Tiziana se ancora oggi portano le bambole ad aggiustare, e con mia grande sorpresa la risposta è stata: “Sì, in tantissimi”. Anche se poi ha aggiunto: “Spesso i nostri clienti sono bimbi cresciuti, adulti che ci chiedono di aggiustare i loro vecchi giocattoli che vogliono conservare, o chi ha antiche bambole che sono diventate molto preziose”.
Enrico e Giulia sono tornati a casa abbracciando forte Nanina e Pumlì . Giulia ha comprato anche un pigiamino per Nanina, che appena arrivate a casa abbiamo lavato e stirato.
Oggi è più facile comprare che aggiustare. A casa nostra usiamo molto ago e filo, ma anche colla e scotch per cercare di recuperare tutti i giochi, perché al di là del valore ogni gioco ha una piccola storia e grandi ricordi. E sapere di non essere soli, che in caso di emergenza c’è qualcuno che ci può venire in soccorso, fa bene all’animo.
L’ospedale delle bambole era pieno di piccoli pezzi di ricambio, conservati con cura, catalogati e pronti a ridare la vita a una bambola o a un pupazzo amato.
Giocattoli da conservare e da amare, per sempre, per insegnare ai nostri bimbi e per ricordare a noi stessi che le cose che contano si conservano, si aggiustano, si proteggono, non si buttano via, solo perché non sono più belle e luccicanti come il primo giorno.
L’ospedale delle bambole orari e biglietti
L’ospedale è aperto dal lunedì al venerdì orario continuato 10,00/ 16,30; il sabato ore 10,00/15,00.
È possibile prendere appuntamento anche in orari differenti e si consiglia di telefonare (081 1863 9797) prima di visitare la bottega.
La visita costa due euro.
Se porti una bambola per la diagnosi, come abbiamo fatto noi, il costo è di cinque euro.